le umiliazioni di San Pio da Pietrelcina
La notizia del prodigio, rimasto impresso in Padre Pio per 50 anni, si sparse rapidamente e San Giovanni Rotondo divenne meta di un flusso di pellegrini. Da ogni parte del mondo giungevano domande di preghiere, spesso ringraziamenti per grazie ottenute e visitatori dalle più lontane regioni. Nella bella stagione vi erano migliaia di comunioni al giorno e padre Pio a volte confessava fino a 16 ore al giorno. In una lettera del 3 giugno 1919 padre Pio scrive "Non ho un minuto e tutto il tempo è speso nel prosciogliere i fratelli dai lacci di satana. Benedetto sia Dio.|...|.
Il vescovo di Melfi e Rampolla, il 14 settembre 1919, esclama: "Voglia il Signore conservare a lungo quest'angelo in carne, a bene delle anime, a confusione degli empi!".
Il prodigio delle stimmate fu un fenomeno attentamente studiato e valutato sia dalla scienza sia dalla Chiesa suscitando inquietanti problemi, polemiche e i dibattiti. I superiori di padre Pio, circospetti, tennero assolutamente celata la vicenda e la stampa cattolica si comportò allo stesso modo. Il 2 giugno del 1922, a sei mesi dalla morte del papa Benedetto XV che non aveva mai negato le sue simpatie per il frate di San Giovanni Rotondo, il Sant'Uffizio intervenne e limitò la libertà di Padre Pio. Emanò delle disposizioni, tra le quali l'ordine di non mostrare le ferite né di parlarne né di farle baciare; troncare i rapporti con il suo direttore spirituale, padre Benedetto da S. Marco in Lamis; allontanare padre Pio da S. Giovanni Rotondo, troncare i rapporti epistolari. La dolorosa salita al Calvario era già iniziata e i successivi prodigi del frate, oltre alle molte opere umanitarie portate a termine, non gli procurarono che isolamento da una parte della Chiesa ufficiale. Nonostante ciò Padre Pio attese con umiltà, perseveranza e obbedienza ai suoi compiti di sacerdote: in particolare alla celebrazione della Messa e alle confessioni.
Nonostante i ripetuti interventi del Santo Uffizio, alla notizia dell'allontanamento di Padre Pio il popolo si organizzò, agitò e mosse minacce: il convento era sorvegliato giorno e notte.
Benchè Padre Pio più volte avesse manifestato la sua disponibilità assoluta a partire, ribadendo l'ubbidienza pronta e totale "a qualsiasi comando, per quanto penoso possa riuscire alla mia miseria" non partiva perchè i superiori, di fronte alla reazione popolare incontrollata, si facevano guidare dalla prudenza e dalla pazienza.
Un giorno, quando ormai il trasferimento sembrava certo, successe un fatto inatteso. Forse per i turbamenti violenti dell'ordine pubblico e per le dure contestazioni degli abitanti di San Giovanni Rotondo in merito al probabile trasferimento di Padre Pio, il Ministro De Bono si adoperò personalmente presso il Segretario di Stato il Cardinale Merry Del Val. Dopo il suo intervento non si parlò più del trasferimento di Padre Pio anche se le rigide regole della Santa Sede vietavano al frate di ricevere i fedeli, di svolgere il ministero della confessione e di intrattenere rapporti di alcun genere anche di tipo epistolare.
In questo periodo, non potendo parlare agli uomini di Dio, padre Pio intensificò il colloquio con Dio parlando degli uomini. Egli per molti anni visse come un monaco di clausura, gli era permesso solamente celebrare la messa in forma privata senza la presenza del pubblico, in una piccola cappella sita in seno al convento di San Giovanni Rotondo. Le persecuzioni e le privazioni imposte da Roma durarono fino al 1933 quando Papa Pio XI, convinto dal risultato di un’ inchiesta di mons. Felice Bevilacqua e di Emanuele Brunatto figlio spirituale di Padre Pio, decise di emettere un decreto in cui qualunque restrizione a carico del frate veniva revocata. Il 14 luglio 1933, padre Pio celebrò di nuovo in chiesa e riprese a confessare i religiosi fuori chiesa. Appresa la notizia, egli andò ad inginocchiarsi davanti al padre provinciale, gli baciò la mano e ringraziò il Santo Padre per la sua paterna bontà. La notizia si diffuse presto, riprese l'afflusso dei fedeli ed aumentano le confessioni e le comunioni. Il 25 marzo 1934 riprese ad ascoltare le confessioni degli uomini ed il 2 maggio successivo quelle delle donne: il suo confessionale era sempre affollatissimo.
Oltre alle Stimmate Padre Pio fu protagonista di altri fenomeni. Uno di questi erano le estasi e le visioni che cominciarono in Padre Pio fin dal quinto anno di età. Egli, per grazia, poteva penetrare i misteri divini con chiarezza, poteva comprendere quella verità soprannaturale che ai comuni mortali viene celata e che solo può manifestarsi con la forza della fede. Le estasi avvenivano pertanto attraverso un rapimento dello spirito, il più delle volte si trattava semplicemente di visioni immaginative, puramente interiori che non avevano bisogno di un supporto visivo, anzi la loro chiarezza spirituale era così intensa e precisa, che non si poteva dubitare sulla loro provenienza divina. Il frate di Pietrelcina non vedeva sempre delle cose durante le sue visioni e le sue estasi. In lui si affollavano le intuizioni sante, si facevano avanti le locuzioni, egli non sentiva necessariamente voci umane, ne’ vedeva immagini dai contorni definiti. In lui era l’occhio dell’intelletto, dell’intelligenza che agiva. Poteva conoscere verità di altissimo valore spirituale, persino incomprensibili alla finitezza umana con estrema chiarezza, come ad esempio l’essenza del Dio Uno e Trino. Un altro dono di padre Pio era il profumo intenso che emanava dalla sua persona che ricordava quello dei gelsomini. Ricordiamo anche il fenomeno della bilocazione cioè della capacità di essere in due posti contemporaneamente e il dono della penetrazione dei cuori, capacità cioè che gli consentiva di leggere nell'animo delle persone come in un libro aperto. In virtù di questo carisma, a volte redarguiva in malo modo i fedeli che gli si avvicinavano fino al punto di rifiutare la confessione e cacciarli persino dal Santuario. A causa di tali atteggiamenti sovente sia i visitatori che biografi e giornalisti hanno parlato di una “certa scontrosità ora faceta, ora sbrigativa e agghiacciante usata dal padre cappuccino”. Egli stesso candidamente confessa che "in certe ansie eccessive", "senza che lo voglia", va soggetto ad atti di impazienza e si rammarica che qualche volta "anche senza volerlo e senza avvertirlo, gli accade di alzare un po' la voce in ciò che riguarda la correzione".
Semplice strumento nelle mani di Dio, scuoteva per amore: presso di lui vi erano soltanto anime da salvare e "non dava il dolce a chi aveva bisogno del purgante", come diceva con una sua colorita espressione.
Ma è riconosciuto anche l'umorismo e il buonumore di padre Pio, conversatore vivace e brillante, sorriso leale, aperto e cordiale. Sapeva amare genuinamente e semplicemente come ama e si comporta un "uomo naturale"; trattava familiarmente con tutti e familiarmente risolveva i problemi, anche quelli vasti e complicati.
Insomma chi si era formato l'idea del "fraticello", si trova davanti un frate "robusto, forte nella persona e nei modi", vede venirsi incontro "un antico guerriero dalla tonaca scura aperta sul collo, pieno di energia e vigore".
le vessazioni e tentazioni del Maligno
Per tutto il corso della sua vita, ma in special modo fino ai 30 anni, Padre Pio fu duramente provato e tentato dal demonio che ha una rilevanza fondamentale nella vita del “frate stigmatizzato”. Satana non potendo affliggerlo con l'ossessione ne’ con la possessione, non gli ha risparmiato ogni sorta di tentazioni attaccando insistentemente la sua anima per allontanarlo da quella fede devota e strapparlo a Dio. Padre Pio fu tentato da Satana in tutti i modi, tuttavia non ha mai ceduto alle fosche trame e alle lusinghiere ed allettanti promesse che gli prospettava il maligno. I dubbi, la svogliatezza, i sentimenti di indifferenza e di sgomento furono frequentissimi, essi arrivavano a colpire nell'intimo il povero fraticello e le argomentazioni più frequenti che si instauravano con i suoi direttori spirituali vertevano quasi esclusivamente su tutte quelle amare e pesanti tribolazioni che a causa del demonio la sua anima era costretta a patire. Le vessazioni diaboliche furono dirette proprio ad impedire che avesse contatti anche solo epistolari con i suoi direttori spirituali.
Come scrive Padre Tarcisio da Cervinara desumendolo da brani tratti dall'Epistolario: "Il diavolo mette tutto il suo diabolico artificio per impedire che riveda Padre Agostino, come pure cerca di ostacolarlo ogni volta che vorrebbe scrivergli, vorrebbe privarlo anche della sua direzione spirituale, vera tavola di salvezza; e Padre Pio deve farsi sempre tanta forza ogni volta che deve comunicare a Padre Agostino le sue cose, specialmente quando si tratta di rivelare al padre spirituale le infernali insidie”. "I cosacci" poi pretendono dal Padre che, nel ricevere una lettera dal suo direttore spirituale, egli la strappi prima di aprirla o che la getti nel fuoco, dicendogli che: "se ciò facevo si sarebbero ritirati per sempre e non mi avrebbero più molestato". In una lettera di Padre Agostino- scrive ancora Padre Tarcisio da Cervinara, ricavando i testi delle lettere dall'Epistolario del frate stigmatizzato - il foglietto arrivò in bianco; ed in un'altra lettera il foglietto fu trovato tutto imbrattato di inchiostro. Padre Pio annota a questo punto: " Le lettere scritte ci sembrano in principio illeggibili, ma dietro che vi ponemmo sopra il crocifisso si fece un po' di luce tanto da potersi leggere sebbene a stento". Il Padre pensa che in questi casi vi sia una vendetta di Barbablu'. (Il diavolo nella vita di Padre Pio Padre Tarcisio Da Cervinara pagg.38-39 Ed. Padre Pio da Pietrelcina). Padre Pio era convinto però che tutto ciò rientrasse nei disegni di Dio e pertanto accettava con umile rassegnazione qualunque circostanza dettata dal volere del Cielo.
"Le tentazioni", - dice il suo direttore spirituale - "sono come il fuoco che purificano. Esse sono come colpi di martello e di scalpello con cui il divino Artefice, prepara le pietre, cioè le anime elette, che dovranno far parte dell'edificio eterno" - ed ancora - " Sembra a prima vista che le tentazioni macchino anzichè purificare lo spirito. Ma non è così. Le tentazioni sono come il sapone, il quale diffuso sui panni sembra imbrattarli ed in verità li purifica. L'essere tentato, è segno evidente che l'anima è ben accetta da Dio. Le tentazioni quindi non sono un castigo, ma prove di amore, e bisogna gioire per questo. Sono segno di predilezione divina, sono la prova dell'anima che Dio vuole sperimentare quando la vede in forze necessarie a sostenere il combattimento ed intessersi il serto della gloria".(Il Diavolo nella vita di Padre Pio - pag.53 - Padre Tarcisio Da Cervinara).