Il noviziato di San Pio da Pietrelcina

È il 6 gennaio 1903 quando Francesco, appena quindicenne, fa il suo ingresso nel Convento cappuccino di Morcone, distante 30 Km da Pietrelcina. Prima di partire il piccolo Francesco aveva chiesto la benedizione della madre. Ella sconvolta gli disse: "Figlio mio...tu mi stracci il cuore, ma in questo momento di distacco non pensare al dolore di tua madre; San Francesco ti chiama e tu devi andare". Per tutta la notte precedente la partenza, il fanciullo non aveva fatto altro che torturarsi ed assillarsi, ma il Signore proprio in quei momenti lo aveva confortato ed incoraggiato dandogli la forza di non versare nemmeno una lacrima. Entrato in convento Francesco fu accolto dal padre dei novizi, Tommaso da Monte Sant'Angelo che lo dispose alla riflessione con gli esercizi spirituali. Da quel momento in poi Francesco si lega definitivamente ai voti di povertà.

Il 22 gennaio dello stesso anno, dopo una settimana di esercizi spirituali durante i quali conversa solo con Dio e con nessun altro, il piccolo Francesco si spoglia dei suoi abiti dinanzi ai genitori e all’intera comunità per vestire l'umile abito del novizio cappuccino e ricevere il nome di Fra’ Pio da Pietrelcina.

Fra’ Pio era un fratino "esatto in tutto"; il suo amore alla preghiera era di una "prontezza e disinvoltura ammirevoli"; la meditazione sulla passione era accompagnata da "copiose lacrime" e la giornata da "numerose giaculatorie".

Il periodo di noviziato fu durissimo per Fra’ Pio. Benché la vita conventuale sia soggetta a regole rigidissime, nel periodo che precede la nomina dei voti solenni i giovani frati sono costretti a discipline ancor più dure. Fra’ Pio le affrontò con tutta la serenità e lo spirito di adattamento che solo un'anima eletta dal Signore può avere. Le rigide regole imposte dalla vita in convento erano da lui accettate con rispettosa umiltà ed esemplare obbedienza non trascurando nessuna delle disposizioni impartite dai suoi superiori.

Terminato l'anno di noviziato, il 22 gennaio del 1904 prende i voti semplici e inizia gli studi per diventare sacerdote. Si recò a S. Elia a Pianisi in provincia di Campobasso per iniziare prima lo studio della "retorica", cioè il ginnasio, e poi della "filosofia", ossia il liceo. Dopo una temporanea partenza ad ottobre del 1905, assieme ad altri chierici, per S. Marco La Catola in provincia di Foggia, dove trova Padre Benedetto da S. Marco in Lamis che sarà suo direttore spirituale fino al 1922, Fra’ Pio ad aprile 1906 torna a S. Elia a Pianisi per continuare gli studi. II 27 gennaio del 1907 prende i voti solenni, legandosi così definitivamente all'Ordine e verso la fine del 1908 va Montefusco in provincia di Avellino, dove riceve gli ordini minori il 19 novembre e il suddiaconato due giorni dopo.

Chi vide fra' Pio studente a Montefusco, nel novembre del 1908, lo descrisse come "un bel giovane paffuto, dal viso roseo che nulla lasciava trapelare della malattia della quale era affetto". Egli infatti non godeva di buona salute, era considerato tisico, ed egli stesso commentava anni più tardi: "il male principale della mia malattia era il fatto che apparentemente io non dimostravo alcun male, per cui parecchi potevano dubitare che io effettivamente soffrissi".

Durante la sua permanenza nel convento di Sant'Elia a Pianisi il fisico di Fra’ Pio, provato dalle penitenze e dagli sforzi che si imponeva, cominciò ad accusare i primi segni di stanchezza; una debolezza che si manifestava nel corpo e nello spirito e che costrinse i superiori del convento di Sant'Elia a Pianisi a rimandarlo a Pietrelcina nella speranza che l'aria di casa e la presenza della famiglia potesse giovare alla sua salute malferma.

È durante la sua permanenza a Pietrelcina, protrattasi per quasi sette anni dal maggio 1909 al febbraio 1916, che egli compie i passi più importanti della sua vita spirituale e getta le basi per quella che dovrà essere la sua futura missione apostolica. Egli trascorre giornate intere assorto in preghiera. Ore di intensa e devota contemplazione, isolato dai rumori della frenetica vita del paese, nei campi o nei boschi di Piana Romana a Pietrelcina, dove i genitori possedevano degli appezzamenti di terra e un casale, oppure nella stanza della torretta della sua casa natale, dove si dedicava a letture spirituali e alla fervente invocazione del Signore. Purtroppo la dimora presso i suoi non era ben vista dai superiori, ma soltanto tollerata e perciò fu richiamato più volte in convento. Padre Pio, obbediente, partiva, ma dopo breve tempo era costretto a ritornare a casa. In questo periodo alle sofferenze fisiche, che aumentano di giorno in giorno, si aggiungono tormenti spirituali nella lotta per respingere gli assalti veementi del tentatore. Ma con una volontà di ferro superò ogni difficoltà, e il 10 agosto del 1910 si realizza il suo sogno: viene ordinato sacerdote nel Duomo di Benevento da mons. Schifosi e il 14 agosto canta la prima Messa solenne a Pietrelcina nella stessa chiesa dove 23 anni prima era stato battezzato

 

I doni di San Pio da Pietrelcina

Con la chiamata alle armi nel novembre del 1915 ha termine la permanenza di Padre Pio a Pietrelcina, tuttavia tra continue licenze di convalescenza si susseguono brevi soggiorni al suo paese e presenze in vari conventi, tra cui quello di San Giovanni Rotondo in provincia di Foggia dove giunse il 28 luglio 1916 per rimanervi fino alla morte.

Il convento di S. Giovanni Rotondo è definito "convento di desolazione" da un cappuccino ivi residente nel 1915: "Raramente in chiesa vengono persone, profondo silenzio mi circonda, solo ascolto di tanto in tanto il suono del campanaccio appeso al collo di qualche capra o di qualche pecora, che i pastori accompagnano a pascolare sulla montagna che sorge dietro al convento".

La solitudine del convento, tuttavia, spariva mano a mano che anime assetate di Dio scoprivano nel nuovo arrivato un richiamo potente del divino. Si sviluppava quel seme che padre Pio aveva iniziato a coltivare sin dalla permanenza a Pietrelcina e a Foggia, ma in una forma più specifica ed organica.
Insisteva molto sulla meditazione quotidiana e la lettura spirituale, spiegandone l'efficacia, la necessità, suggerendo i temi ed insegnandone il metodo. Nell'orazione mentale l'anima si ferma abitualmente sulla vita, passione, morte e resurrezione di Gesù; nella lettura spirituale Dio ci stimola a "rigettare tutti i pensieri malvagi" nella lettura della Sacra Scrittura e degli altri libri santi e devoti: "Mirandoci in essi ci correggiamo dei nostri errori e ci adorniamo di ogni virtù".

Inculcava l'obbedienza, fin dai primi giorni che l'anima si affidava alla sua direzione spirituale; esortava alla frequenza della confessione e della comunione; dosava con discrezione e discernimento la mortificazione corporale e spirituale, come l'agricoltore che ha cure per le diverse piante.
E’ proprio nella piccola cittadina garganica che si manifestarono i fatti mistici più rilevanti.

Il 15 agosto 1918 padre Pio riceve lo straordinario favore della trasverberazione, che lo fa "spasimare assiduamente".
La "trasverberazione", chiamata da alcuni "assalto del Serafino" è una grazia eminentemente sacrificatrice: l'anima, "infuocata di amore di Dio, è interiormente assalita da un Serafino", il quale, bruciandola, "la trafigge fino in fondo con un dardo di fuoco", e l'anima è pervasa da soavità deliziose.

Padre Pio ricevette questa grazia la sera del 5 agosto 1918, mentre confessava i ragazzi del seminario cappuccino. In una lettera del 21 agosto al suo direttore spirituale, descrive un personaggio che gli si presenta "agli occhi dell'intelligenza" con in mano una specie di arnese, simile ad una lunghissima lamina di ferro, con una punta ben affilata da cui sembrava uscisse fuoco; vedere tutto questo ed osservare detto personaggio scagliare con tutta violenza il suddetto arnese sull'anima, fu tutto una cosa sola [...]. Questo martirio durò, senza interruzione, fino al mattino del giorno sette".

Persino le viscere sente "strappate e stiracchiate dietro quell'arnese, ed il tutto è messo a ferro e fuoco". Si vede sommerso "in un oceano di fuoco e la ferita sanguina e sanguina sempre", scrive il 5 settembre 1918. Tutto il suo interno "piove sangue e più volte l'occhio è costretto a rassegnarsi a vederlo scorrere anche al di fuori", scrive il 17 ottobre 1918. Il personaggio misterioso non dà tempo: sulle piaghe antiche ancora aperte, apre delle nuove "con infinito strazio della povera vittima".
La grazia santificatrice della trasverberazione in Padre Pio è come il preludio della grazia carismatica della stigmatizzazione.

I primi segni del prodigio apparvero nell'autunno del 1910 e proseguirono nel 1911. Padre Pio era solito ripararsi dall’arsura estiva all’ombra di un olmo in Piana Romana seduto su due pietre che egli era solito chiamare” i miei seggioloni”. E’ qui che Padre Pio comincia a soffrire i dolori dei segni divini che apparivano in mezzo alle palme delle mani e sotto i piedi.
Il 21 marzo il frate di Pietrelcina scrive così: "Dal giovedì sera fino al sabato, come anche il martedì è una tragedia dolorosa per me. Il cuore, le mani ed i piedi sembra che siano trapassati da una spada; tanto è il dolore che ne sento". Poi il prodigio, la stigmatizzazione. Era la mattina del 20 settembre 1918, come riferisce lo stesso Padre Pio al suo confessore, Padre Benedetto da San Marco in Lamis: “ero nel coro, dopo la celebrazione della santa Messa, allorchè venni sorpreso da un riposo simile a un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni nonchè le stesse facoltà dell'anima si trovarono in una quiete indescrivibile.In tutto questo vi fu totale silenzio intorno a me. Vi subentrò subito una gran pace ed abbandono alla completa privazione del tutto ed una posa nella stessa rovina. E tutto questo avvenne in un baleno. E mentre tutto questo si andava operando, mi vidi innanzi un misterioso Personaggio, simile a quello visto il 5 agosto, da cui si differenziava in questo solamente, che aveva le mani, i piedi e il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrì...ciò che sentii in quell'istante non saprei dirvelo...mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore che sentivo sobbalzare dal petto. La vista del Personaggio si ritirò ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue! Immaginate lo strazio che sperimentai e che vado esperimentando continuamente quasi tutti i giorni; la ferita del cuore getta assiduamente del sangue, specie dal giovedì sera fino al sabato.Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio e la confusione susseguente che io provo nell'intimo dell'anima ! Temo di morire dissanguato se il Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore col ritirarsi da questa operazione...Mi farà questa grazia Gesù che e' tanto buono? Toglierà almeno da me questa confusione che io esperimento per questi segni? Innalzerò forte la mia voce a Lui e non desisterò dallo scongiurarlo affinchè la sua Misericordia ritiri da me non lo strazio e il dolore, perchè lo veggo impossibile dato che io voglio inebriarmi di dolore, ma questi segni esterni che mi sono di una confusione indescrivibile...".(Epistolario I - pagg.1093-1094).